Stanchi sulle buche
È quando si è stanchi che si desidera così tanto farsi ascoltare e, allo stesso tempo, si è così stanchi che appena si hanno le forze per pensare. Così la cosa più difficile è iniziare a scrivere e ordinare i pensieri. Tanto più sarebbe facile lasciarsi scivolare il tempo davanti allo sguardo, mentre la strada corre veloce, inarrestabile e rumorosa. Il caldo torrido spinge gli occhi a socchiudersi, mentre tutto continua a intrecciarsi. Ci sono mille motivi per scrivere, io devo ancora dare un nome al mio. Una ricerca costante, anche quando impercettibile: un tentativo di non lasciarsi vivere, ma di seguire la vita con attenzione, quella stessa attenzione che crea tanta stanchezza. Quell’attenzione che non cede mai alla leggerezza, non a quella sobria, lucida, ricercata.
Desidero la strada così tanto che non so più se sono su di essa per scelta o se ormai vi sono intrappolato. È quella stanchezza continua che forse nasconde le risposte, ma allo stesso tempo inizio a pensare che la stanchezza stessa sia la sostanza della strada. Chissà se, in una situazione diversa, lontano da questa arsura che sale dal basso, mi ritroverei di nuovo a desiderarla e a ricordarla.
Il vero problema del groviglio non sono le risposte, ma il luogo delle domande. Dove cerco ciò che non trovo? Dove mi perdo per trovare me stesso?
Spesso maledico il tempo che mangia ogni cosa; ora, invece, lo ringrazio, perché è per questo che camminiamo: per consumare queste scarpe usurate e conoscere ogni passo lasciato. Siamo vigili grazie al tempo.
La strada mi lega alla vita ed io la lego a essa, perché il suo correre, ricoperto di buche e di curve, è ciò che sempre ho saputo calpestare: infinite all’orizzonte, sfocate e piccole alle spalle.
11/08/2025